martedì 10 marzo 2015

Una classica invernale




"Ma sì, tanto dalla diga al Pontese è un attimo”.
Con questo assioma inconfutabile in tasca, partiamo per una gita che abbiamo in mente da un po’. Già due volte siamo arrivati sotto una nevicata alla base dello zoccolo. Ma stavolta no: tutta la settimana a studiare le previsioni del tempo con attenzione maniacale.
Che poi in realtà c’era poco da studiare: alta pressione fino a mercoledì prossimo. È deciso, il weekend si va!


Ma i piani si sa, son fatti per non essere rispettati. La strada è innevata dai mille e due. Sci a piedi, nello zaino quei chili che comunque sono sempre troppi, ma l’attrezzatura non è mai abbastanza. I 45 minuti preventivati diventano quasi tre ore. Unico segno di vita (ex) un pezzo di zampa di stambecco, un po’ disossata un po’ no. La solleviamo con il bastoncino come un macabro trofeo.
Così, veniamo puniti per la nostra pigrizia e la partenza tardi significa arrivo all’invernale del Pontese con le frontali accese. Per fortuna due ciaspolatori hanno già acceso la stufa e stappato una bottiglia di vino.
Si scioglie neve, e voilà, ravioli in brodo. Non i Rana eh, che costano troppo. Due chiacchiere, qualche citazione di Maccio Capatonda per stemperare la tensione (del calibro di “mio figlio Fernandello diventerà un ottimo ballerinA”) e via in branda.
Che la sveglia è alle tre.


Ore 4.15 la Luna è un faro che illumina a giorno. Frontali spente, un passo dopo l’altro, come automi; sembra di esserci, sulla Luna. Consumiamo lentamente i quasi mille metri di dislivello fino alla base dello zoccolo.
Non si parla molto, al buio cammini e barcolli sotto il peso di corde e ferraglia; ed è buio. E neanche te ne accorgi. Se te ne accorgi ti chiedi chi te lo fa fare. Ma di solito hai solo sonno.
In più ognuno si vergogna un po' di indugiare in una conversazione su quanto è bella la Luna. Stupido orgoglio maschile. Quindi niente, si tace e si va avanti.


L’alba ci sveglia coi ramponi ai piedi sullo zoccolo, in condizioni perfette, neve dura (ma non troppo) e si sale che è un piacere. Un gamba dopo l’altra, hop hop, e il sole comincia a scaldare e tu sudando cominci a pensare che a chiamarla invernale ci vuole coraggio…
Ma sul primo tiro l’inverno sfodera la sorpresina, su questo camino bello intasato di neve ci giochiamo le mani che resuscitano solo in sosta. Poi è un sogno, sole, roccia, tiri sul IV+ che anche in scarponi si lasciano scalare. Che è una gioia che vorresti urlarlo a tutti. Il Monviso là a sinistra che ci guarda, in fondo a destra invece il Rosa, la Dufour, se hai buoni occhi si indovina la Rey, e se giri la testa il Becco di Valsoera, pensiamo alla Mellano-Perego e alle doppie sotto un vento gelido un giorno di luglio di quattro anni fa…
Quasi senza accorgersene, l’ultimo tiro, a gradoni, questo invece bello incrostato di ghiaccio. Ma noi, come due pirla, abbiamo lasciato i ramponi alla base. E allora numeri da circo per evitare le chiazze di neve, uno slalom che neanche Tomba.
Ma in cima solo soddisfazione, per i pezzi di un puzzle che si sono incastrati alla perfezione, per la giornata gloriosa, per l’aria gelida che comunque è inverno, per la stanchezza, quella vera, che comincia a invadere tutto il corpo.
E perché scalare è bellissimo.


Doppie: e cosa sono le doppie se la seconda non ti si incastra? E c’è anche da muoversi, ci sono le altre doppie da fare e anche lo zoccolo e anche rimettersi gli sci, arrivare al Pontese e poi alla diga. E poi mica finita a quel punto spera che la neve non si sia sciolta mettendo a nudo l’asfalto, altrimenti alla macchina non ci arrivi più.
Discesa in sci. Se di discesa si può parlare: una sorta di continue diagonali su cartone e sastrugi, barcollanti sotto lo zaino-maledizione. Il traverso lungo il lago ricorda quando nei cartoni gli animali muovono velocissimi le gambe, ma in realtà sono fermi.

Ecco, a questo punto, verso la fine, bisognerebbe dedicare l’ascensione a qualcuno. Ai primi che chiami quando arrivi alla macchina, a quelli a cui vuoi bene.

Solo che tornando a casa non troviamo niente di meglio da fare che aprire la guida “Gran Paradiso” del CAI-Touring e leggere della prima invernale il 5-6 gennaio del ’64, da parte di un gruppo di istruttori della Gervasutti.
E pensare a questa gente con gli scarponi di cuoio e i guanti di lana, questa gente che non era Bonatti e non sarebbe finita sulla copertina di Epoca. E pensare che forse gli inverni nel '64 o giù di lì non erano farlocchi come quelli del duemilaequindici.


Ecco ci teniamo a precisare che a noi quelli che “ai miei tempi…” non ci stanno molto simpatici. Ma questo non vuol dire che questa gente non dovrebbe tirarci qualche bonario schiaffone.

A tutti noi, della nostra generazione, che ci facciamo seghe mentali se la sosta è a chiodi e non a spit, o se ai piedi non abbiamo i TLT6 e gli sci in carbonio.
A noi che andiamo a fare il canale o la goulotte (almeno TD+ se no non mi interessa) , perché è appena uscito il report. Perché è in super condizioni. A noi che poi ci lamentiamo sui forum se alle soste ci sono i grappoli di gente.
A noi che abbiamo 10 kg in meno di zaino col peso risparmiato dai nostri gingilli tecnologici, ma che comunque arranchiamo.
A noi che sappiamo solo parlare del nuovo modello di picca e di angolo di inclinazione tra la becca e il manico.
A noi che forse abbiamo perso un po' la voglia (e l'abitudine!) di sognare, di uscire dai sentieri tracciati, di rischiare senza farlo inutilmente, di scalare montagne senza scadere nella tentazione di allungare un elenco. A noi che tra l’alpinismo eroico e quello sportivo abbiamo perso la misura delle cose. La capacità di godere di ogni singolo giorno, di fare ciò che ci piace senza che qualcun altro ci debba dire cos’è giusto, bello o brutto.
A noi che in definitiva, abbiamo forse un po’ smesso di vivere in modo autentico.

Che schiaffoni siano!

La Malvassora al Becco Meridionale della Tribolazione è una via storica, di difficoltà modeste, la prima aperta sulla montagna. Meritevole di ripetizione invernale quando le condizioni dello zoccolo lo permettano. L’ambiente in inverno è eccezionalmente selvaggio, l’isolamento è garantito. L’avvicinamento lungo e faticoso viene ampiamente ricompensato.
Per una ripetizione invernale portare: ramponi e picozza per lo zoccolo, friend fino al n°2 BD, le soste sono a spit con anello di calata (da settembre 2013). Consigliato avvicinamento in sci. Chiamare per sapere le condizioni della strada, non come abbiamo fatto noi...






























4 commenti:

  1. Figata! Apprezzo particolarmente i commenti finali. Quanto è vero!

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  2. Sono uno dei sette “poco simpatici” che in quell’Epifania del 64 salirono la Malvassora al Becco ma tu mi sei simpatico anche se questa simpatia è solo leggermente attenuata da una buona dose d’invidia perché voi avete la giovinezza e la fortuna di disporre di attrezzature da sogno. Quindi niente autocritiche e soprattutto niente “Schiaffoni”. L’amore per l’arrampicata ci accomuna. Se sei interessato all’Archeologia Alpinistica contattami. Avrai di che sorridere. rattazzini@alice.it

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  3. Causa riorganizzazone del sito, il link corretto alla relazione pubblicata sul sito della Scuola Guido Della Torre è: http://www.scuolaguidodellatorre.it/relazioni/getRelazione.php?id=Tribolazione-viaMalvassora

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