domenica 28 settembre 2014

Piz Morterasch - Cresta della Speranza

Regaz presenti: Franco
Altri righiniani: Marcello Manuel Alessandro Federico
Fotografa ufficiale: Cate

Highlights:

Venerdì sera: scopriamo (grazie a Santa Astrid) che abbiamo male interpretato una mail in tedesco, oltre che sbagliato la data della prenotazione. La Boval è piena. Finiremo per dormire un tenda lì di fianco. A breve visita per l'alzaihemer...
Sabato, ore 15.
Fede  scopre di aver dimenticato gli scarponi. Sale comunque con noi a dormire in tenda, ma non farà la via.
Alla stampa dichiarerà "ma io li avevo messi in macchina".
Domenica: sveglia ore 4.30, partenza un'ora dopo. La prima cordata, composta da Manuel, Caterina e Francesco, arriva in cima a mezzogiorno e mezza.
Alessandro e Marcello circa tre quarti d'ora dopo, assetati come tuareg, rossi di vergogna per essere stati superati in via da una cordata interamente femminile partita in giornata dal Morterasch.
Inserita la modalità "dead man walking" la discesa si svolge senza incidenti. Giungiamo alla Boval appena in tempo per evitare che Federico prosciughi il suo conto in banca in birre. 

Tempistiche (usata la relazione di on ice):
1.45 h dal parcheggio del morteratsch alla chamanna boval
1.45 h dalle tende alla forcella dove attacca la cresta (inizio del secondo gradino)
5h la cresta complessivamente

Ricostruzione dei fatti ad opera di Sherlock Kate:
alle 5.20 a.m. partiamo dalle tende, camminiamo vs sud finché non becchiamo la traccia di sentiero (ometti) che abbandoniamo dopo mezz’oretta di cengia ascendente a sinsitra; a quel punto seguiamo per la pietraia tendendo a destra.
Decidiamo di saltare il primo gradino e passare a destra del risalto roccioso (a sinistra della lingua del ghiacciaio).
C’è un primo mini-nevaio che passiamo senza ramponi. Poi arriviamo al nevaio a sinistra del  Vadret Boval Dadeins.
Ci mettiamo i ramponi e risaliamo fino alla forcella dove si raggiunge la cresta.
Il primo risalto lo facciamo slegati.
Poi altra parte su neve(foto), alla fine della quale ci leghiamo.
Da lì: prima parte scialla fino ad un gendarme che obbliga a discesa nel canalino (cioè non saliamo sul gendarme, ma lo aggiriamo sulla sinistra scendendo in un canale).
Poi la cresta continua un po’ più impegnativa (mai comunque sopra il III secondo me, ma non è che sia molto sensibile sui gradi).
Ci si mantiene sempre sul filo di cresta, a volte piegando sul versante destro dove si trovano passaggi più semplici, ma sporchi di neve perché esposti a nord.
L’ultimo gradino, nonostante lo sviluppo ridotto, ci ha preso un paio d’ore.


La discesa si effettua per la Normale. Abbiamo seguito le tracce fino alla forcella Boval, da dove siamo scesi per pietraia e poi nevaio, (seguendo evidenti bolli rossi e tracce di sentiero).









Arête du Diable - Mont Blanc du Tacul

Regaz presenti: Filo
Altri componenti: Marco Zaninetti
fotografie: Filo e Marco Zaninetti

"Battesimo con stile" [cit. membro della cordata dietro di noi]

Giorno 1, ore 5.15: è sabato mattina e ancora mezzo addormentato butto zaino e scarponi in macchina e, dopo un caffè, mi avvio verso Pont Saint Martin dove è previsto l'appuntamento con Marchino. Direzione Courmayeur, precisamente Rifugio Torino. Per me è la prima volta sul Bianco e di certo sarà difficile da dimenticare, un posto assolutamente incredibile. 
Dopo aver preso la prima funivia e mollate un paio di cose al Torino, ci avviamo verso la cresta sud ovest dell'Aiguille d'Entreves, un facile riscaldamento in vista della difficile ascensione in programma per il giorno successivo. 
Commenti sulla cresta: facile e sempre piacevole, in alcuni punti anche aerea con un solo passo di IV, poco dislivello e ottima per chi si avvicina per la prima volta alle creste. 
Per l'ora di pranzo siamo già tornati in rifugio e dopo un bel piatto di spaghetti ci facciamo una meritata pennichella.  

Giorno 2, ore 2.00: sì, proprio le 2 di notte in cui la maggior parte di voi era con gli amici a bere una cosa oppure era in coda davanti alla discoteca, pronto a far serata come si deve. 
Marco ed io consumiamo la colazione e prima di accorgermene siamo già sul ghiacciaio in piena notte, immersi nella nostra bolla di luce e guardando ogni tanto le decine di puntini bianchi diretti alle centinaia di vie che ci sono su questo versante del Bianco. Procediamo così, in modalità automatica, fino ad arrivare alla base del canale, dove tiriamo fuori ramponi e piccozze e cominciamo a salire. 
Sono ormai più o meno le 6 quando con la testa sbuco fuori dalla cornice che ci sovrastava fino a qualche minuto prima, e di fronte a me si stagliano il Dente del Gigante e le Grand Jorasses non ancora illuminati dalla luce dell'alba, ma con dei colori di sottofondo che mi ricordano il vecchio logo Patagonia. 
Sostiamo su un terrazzino mangiando del cioccolato e godendoci lo spettacolo e nel frattempo aspettiamo anche che le prime luci scaldino la roccia in modo da non dover tenere i guanti per scalare. 
Quando finalmente la roccia sembra calda attacchiamo il primo tiro con un passaggino da affrontare completamente a freddo che mi crea qualche problemino. 
Nonostante ciò la via procede bene e nel frattempo ci hanno raggiunto 2 militari che hanno approfittato del weekend libero per andare anche loro a fare la traversata. 
Arriviamo in cima verso mezzogiorno e mezza se non ricordo male,io parecchio affaticato (sopratutto a causa della quota, essendo la prima volta dell'anno che salivo sopra i 4000) e Marco invece in forma come al solito (nonostante abbia fatto tutta la via da primo). Scendiamo in fretta perché non vogliamo assolutamente perdere la funivia in discesa che ci riporterà a Chamonix. Nonostante le difficoltà tecniche siano terminate, gli ultimi 200 metri che ci separano dall'Aiguille du Midi si rivelano i più ostici (avendo anche sulle gambe circa 11 ore di arrampicata/cammino) e ci prosciugano definitivamente le ultime forze rimaste. 
Infine però riusciamo verso le 4 a prendere la funivia e concederci un meritato riposo. 

Commenti alla traversata: Cresta molto aerea con passaggi delicati tra una punta e l'altra a causa dell'elevata esposizione. Arrampicata mai troppo difficile (non si supera il V grado), se però si aggiunge l'Isolèe (che noi abbiamo saltato) è un altro discorso. 
Ambienti da sogno, granito incredibile su cui è davvero un piacere scalare. Senza dubbio una delle più belle arrampicate che ho fatto. Bisogna infine stare molto attenti alla durata della via, perché è davvero lunga e bisogna stare concentrati tutto il tempo, sforzo non banale soprattutto per il primo di cordata (grazie Marco!!!!).

Un grandissimo ringraziamento va a Marchino, con il quale è sempre un piacere scalare!